venerdì 21 novembre 2008

Mafia: una guida bibliografica ragionata

Mafia: una guida bibliografica ragionata


Di che cosa ci stiamo occupando Può sembrare paradossale, ma una ricerca sulla mafia deve cominciare dalla focalizzazione precisa del tema: in questo caso, come in pochi altri, infatti, uno stesso termine è adoperato in significati disparati, talora contraddittori. La parola "mafia" ha insieme indicato: un comportamento e un modo di essere, cioè una mentalità e uno stato d'animo, e un dato di fatto, cioè l'associazione criminale; l'espressione del "senso dell'onore" e dell'"ipertrofia dell'io" di determinate popolazioni e la manifestazione della loro inferiorità razziale; un fenomeno locale e residuale e la "piovra" universale; l'effetto e la causa del sottosviluppo etc. etc. È evidente che l'indeterminazione pregiudica la riuscita dell'indagine, per cui si pone preliminarmente l'esigenza di individuare un'ipotesi definitoria. In un volume che raccoglie gli atti di una "giornata di bilancio e di riflessione", svoltasi l'8 maggio 1988 nel decimo anniversario dell'assassinio del militante Giuseppe Impastato, Umberto Santino, direttore del primo centro di documentazione e di studi sulla mafia sorto in Italia, propone la seguente definizione del fenomeno mafioso: Per quanto riguarda lo sviluppo storico del fenomeno, esso viene visto come un intreccio di continuità e trasformazione, qualcosa di più complesso delle classificazioni correnti, imperniate su nozioni approssimative come "mafia vecchia" e "mafia nuova". Santino individua quattro fasi: La mafia negli anni '60-'80 Sarebbe troppo impegnativo citare le fonti per una ricerca sulla mafia degli anni '60-'80, che non dovrebbe prescindere dai materiali pubblicati dalla Commissione parlamentari antimafia (1963-1976), voluminosi e difficilmente reperibili. Per gli anni più recenti ricordiamo solo, per l'accessibilità anche a docenti e studenti, il volume a cura di C. Staiano, Mafia. L'atto d'accusa dei giudici di Palermo, Editori Riuniti, Roma, 1986, che pubblica stralci dell'ordinanza-sentenza istruttoria del primo maxi-processo di Palermo. Immediatamente fruibili, e coinvolgenti anche dal punto di vista psicologico, alcune "storie di vita" riguardanti personaggi femminili in rotta con il mondo mafioso e un ambiente popolare impregnato di mafiosità da cui provengono: F. Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo, 1986; A. Puglisi, Sole contro la mafia, La Luna, Palermo, 1990. Nel primo testo viene intervistata la madre di Impastato, il militante siciliano che - avendo rinnegato la matrice mafiosa familiare - si dedica a iniziative politiche e culturali contro la mafia, finendo trucidato con una bomba ad opera di "notissimi ignoti". Nel secondo testo sono intervistate Michela Buscemi e Pietra Lo Verso, legate a vittime di violenza mafiosa, che - rompendo una secolare tradizione di omertà - si sono costituite parti civili in processi contro la mafia. Un'importante testimonianza è il volume di Nando Dalla Chiesa, Delitto imperfetto, Mondadori, Milano, 1984. Se passiamo dalle "fonti" alle interpretazioni critiche, troviamo molto materiale a livello divulgativo, ma molto poco a livello di ricerca empirica e di sintesi teorica. Per un orientamento nel vasto mondo della produzione giornalistica un'utile bussola è il volume G. Priulla (a cura di), Mafia e informazione, Liviana, Padova, 1987. Le poche ricerche che propongono modelli complessivi d'interpretazione teorica della mafia contemporanea sono quelle di F. Ferrarotti, P. Arlacchi, R. Catanzaro e U. Santino. Franco Ferrarotti, in Rapporto sulla mafia: da costume locale a problema dello sviluppo nazionale, Liguori, Napoli, 1978, pubblica i materiali di una ricerca commissionatagli dalla Commissione parlamentare antimafia. La mafia viene considerata come "fenomeno globale", nel senso che essa Il volume propone una bibliografia critica essenziale e contiene i risultati di una ricerca condotta, attraverso la somministrazione di un questionario, in città e comuni della Sicilia "nell'intento di mettere in luce la cultura delle popolazioni che vivono nelle zone mafiose, intesa come il costume e la mentalità media prevalente" (p. 141), e che ha riguardato anche l'evasione scolastica e l'atteggiamento delle famiglie verso l'istruzione. Pino Arlacchi, in La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo, il Mulino, Bologna, 1983, introduce una categoria interpretativa basata sull'impresa mafiosa, e sui suoi vantaggi economico-finanziari. La prima parte del volume .Nella seconda parte del volume si fa una rapida descrizione degli effetti della "grande trasformazione" post-bellica della società italiana e del Mezzogiorno sul potere e sul comportamento mafioso tradizionali, mentre la terza parte "è dedicata ad un tipo ideale della mafia e del mafioso dei nostri tempi". Negli anni '70 sarebbe nata la "mafia imprenditrice", la quale godrebbe di un "profitto monopolistico", frutto di una "innovazione" consistente nel "trasferimento del metodo mafioso nell'organizzazione aziendale del lavoro e nella conduzione degli affari esterni all'impresa". Secondo l'autore, Tuttavia, in un testo successivo, la grande criminalità meridionale, che da parassitaria sarebbe diventata produttiva, viene presentata come "uno degli ostacoli più importanti e più trascurati dello sviluppo economico italiano" (I costi economici della grande criminalità in AA.VV., L'impresa mafiosa entra nel mercato, F. Angeli, Milano, 1985, p. 29). Raimondo Catanzaro in Il delitto come impresa, Liviana, Padova 1988, Rizzoli, Milano, 1989, ha proposto un'interpretazione della mafia come frutto di un processo di "ibridazione sociale": Particolarmente significative le pagine dedicate al concetto di onore inteso come "concentrato di ricchezza, potere, prestigio e violenza" (p. 65); le considerazioni sulla violenza come "strumento di regolazione dell'economia" (pp. 71 e ss.) e le riflessioni sugli sviluppi del fenomeno mafioso negli ultimi anni, sia per ciò che riguarda le attività imprenditoriali sia per gli effetti di inquinamento del sistema politico. L'ipotesi di definizione della mafia come "borghesia mafiosa", concetto più ampio di quello di mafia come mera associazione criminale, elaborata da Umberto Santino, è stata verificata all'interno di ricerche empiriche pubblicate nei volumi: G. Chinnici - U. Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, F. Angeli, Milano, 1989 e U. Santino - G. La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, F. Angeli, Milano, 1990. Nel primo l'omicidio mafioso viene considerato come "omicidio-progetto", cioè come strumento per la risoluzione della concorrenza interna e della "gara egemonica" con soggetti esterni, che si inquadra in un programma complessivo delle organizzazioni criminose, con l'abbattimento degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del piano di arricchimento e di dominio. Nel secondo volume si formula l'ipotesi della "economia polimorfa" e del "mercato multidimensionale", in cui economia legale, sommersa e illegale presentano tipologie di rapporti (compenetrazione, convivenza, conflitto) ricavate dalle risultanze dell'indagine, condotta sugli accertamenti patrimoniali in attuazione della legge antimafia. Da tali accertamenti risulta che, tolti due grandi gruppi imprenditoriali, individuati in Lombardia e in Sicilia, le altre realtà imprenditoriali sottoposte a sequestro e confisca hanno principalmente funzione di copertura e di riciclaggio del capitale accumulato illecitamente, per cui sarebbe confermata l'ipotesi di lettura della mafia attuale soprattutto come "mafia finanziaria". I libri sinora citati mirano, essenzialmente, a decifrare il fenomeno "mafia" da un punto di vista storico, sociologico, economico e politico. Sarebbe interessante, almeno per degli educatori, avere a disposizione anche del materiale per elaborare una "pedagogia" dell'antimafia: ma, purtroppo, su questo versante, siamo ancora a contributi sporadici sotto forma di articoli. D'altra parte è ovvio che, se non si vuole cedere agli slogans, un'azione pedagogica efficace ha senso solo se inserita in un progetto culturale, etico, sociale e politico tendente a fare delle popolazioni meridionali i protagonisti del proprio riscatto. Con limiti ed ambiguità, la chiesa cattolica è tra le pochissime agenzie educative che ha cercato di offrire elementi in questo senso: per farsi un'idea di tale impegno può consultarsi il recente volume di A. Chillura, Coscienza di chiesa e fenomeno mafia, Augustinus, Palermo, 1990, che raccoglie gli interventi delle chiese siciliane, sia a livello di vertici che di base. Alcuni degli esperimenti più interessanti nell'elaborazione di strategie pedagogiche alternative sono il frutto della convergenza di soggettività e culture diverse, come è testimoniato, per esempio, nei recenti volumi di A. Cavadi, Fare teologia a Palermo. Intervista a don Cosimo Scordato sulla "teologia del risanamento" e sull'esperienza del Centro sociale "San Francesco Saverio" all'Albergheria, Augustinus, Palermo, 1990 e di Cosimo Scordato, Uscire dal fatalismo. Per una pastorale del risanamento, Paoline, Milano, 1991. Anche sotto l'impulso della Legge 51/80 della Regione siciliana, non sono mancati i tentativi di approntare degli strumenti didattici attraverso cui tradurre per la pratica quotidiana delle scuole alcune informazioni essenziali ed alcuni criteri di orientamento valutativo. Purtroppo si tratta, quasi sempre, di materiali da apprezzare più per le intenzioni lodevoli che per il valore intrinseco. Un contributo pionieristico, difficilmente reperibile, è la raccolta di materiali curata dal CIDI, Mafia, camorra, 'ndrangheta, delinquenza organizzata: anzitutto conoscere, Ediesse, Roma, 1984. Sul lavoro nelle scuole siciliane cfr. G. Cipolla, Tradizione e innovazione nelle esperienze educative antimafia in AA.VV., L'antimafia difficile, cit., pp. 128-139. Probabilmente, per un approccio "didattico" rimangono insostituibili alcune opere letterarie con felici intuizioni sociologiche, quali Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia (Einaudi, Torino, 1961, successivamente riedito), in cui è colto lucidamente il passaggio dalla mafia agraria alla mafia contemporanea, con la doverosa avvertenza che proliferano, in questo ambito, anche romanzi apologetici di una fantomatica mafia "tradizionale", come Il padrino di M. Puzo (Mondadori, Milano, 1978). Particolarmente significativo il lavoro giornalistico e letterario di Giuseppe Fava, fondatore della rivista "I Siciliani", assassinato dalla mafia nel 1984. Fra i suoi scritti: Gente di rispetto, Bompiani, Milano, 1975; I siciliani, Cappelli, Bologna, 1980. In ordine ad una pedagogia e ad una didattica anti-mafia, non si può non tener conto di alcune ricerche di psicologia sociale. Segnaliamo: AA. VV. (a cura di A. M. Di Vita), Alle radici di un'immagine della mafia, F. Angeli, Milano, 1986, in cui sono pubblicati i materiali di una ricerca della Facoltà di Magistero di Palermo, ed AA. VV., L'immaginario mafioso. La rappresentazione sociale della mafia, Dedalo, Bari, 1986, indagine dell'Istituto di psicologia dell'Università di Palermo diretto da Gigliola Lo Cascio. Un interessante tentativo, di fare il punto sulla ricerca attuale e di aprire nuove prospettive, nel volume G. Casarrubea - P. Blandano, L'educazione mafiosa. Strutture sociali e processi di identità, Sellerio, Palermo, 1991.
Raccontare l'antimafia. Sulle lotte contadine, dai Fasci siciliani al secondo dopoguerra e sulle mobilitazioni e le iniziative degli ultimi anni si veda Umberto Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma, 2000. Non tradotti in italiano: Alison Jamieson, The Antimafia, Italy's Fight against Organized Crime, Macmillan Press, London, 2000; Jane Schneider and Peter Schneider, Reversibile Destiny. Mafia, Antimafia and the Struggle for Palermo, University of California Press, Berkley and Los Angeles, 2003.

Nessun commento: